Si chiamano Ama, che tradotto significa letteralmente Donne del Mare. Da oltre 2000 anni, lugo le coste giapponesi, nell’isola di Honsù e nella baia di Toba, si immergono in apnea e senza attrezzatura per pescare molluschi, crostacei, frutti di mare e soprattutto perle. Vivono seguendo il ritmo del mare, ed hanno ispirato generazioni di artisti che le hanno ritratte o hanno raccontato la loro storia. La figura delle Ama è affascinante e incredibile. Iniziano ad immergersi da bambine, ma il vero e proprio addestramento comincia verso i sedici anni e dura fino ai ventidue. In questo periodo imparano le tecniche tradizionali, seguendo rituali antichi tramandati di generazione in generazione. Prima di tuffarsi ossigenano i polmoni con inspirazioni profonde e veloci e con l’ultima inspirazione non riempiono completamente i polmoni. Restano in apnea circa due minuti alla volta, per un totale che supera le quattro ore giornaliere. Si immergono in mare senza attrezzature se non, a volte, zavorre che permettono loro di scendere fino a 30 metri di profondità. Tradizionalmente erano coperte solo dal Fundoshi, una sorta di perizoma, e portavano un coltello ricurvo. Qualche volta, dei guanti protettivi. Negli anni sessanta iniziarono ad indossare una muta e, spesso, una sottile veste di lino bianca. Risalendo in superficie, le Ama emettono un suono malinconico che è divenuto il simbolo del loro duro mestiere e viene chiamato: "Ama-Isobue”, il fischio del mare. E’ un suono dovuto all’iperventilazione a seguito dell’immersione, è simile ai fischi emessi dai delfini, e nei secoli è stato romanticamente scambiato con il famoso canto delle sirene. Le Ama garantivano la principale forma di reddito per la loro comunità. Gelose e fiere della libertà che derivava dai buoni guadagni, tra loro non è mai esistita rivalità. Il loro mestiere è sempre stato simbolo di indipendenza sociale. Molte sceglievano di restare nubili per mantenere la propria indipendenza. Si dice che in passato anche gli uomini usassero immergersi, ma poi questa attività diventò esclusivamente femminile, perchè le donne erano più resistenti alle temperature fredde dell’acqua. A volte le Ama sceglievano di continuare il lavoro in mare assieme al marito, e in questi casi l’uomo remava stando sulla barca e mantenendo in sicurezza la cima a cui erano legate, e che tiravano quando sentivano di non farcela più e di dover salire in superficie. Allora lui le sollevava sull’imbarcazione con l’aiuto di un argano. Tra queste formidabili donne del mare esiste una forte solidarietà femminile e per generazioni hanno condiviso esperienze e luoghi di immersione. Solitamente le Ama gestivano la maternità senza problemi, praticando le immersioni fino a pochi giorni dal parto, e riprendendo poco tempo dopo. Spesso sono raffigurate mentre allattano i loro bimbi tra un’immersione e l’altra. Il loro è un lavoro duro, che si svolge sia lungo la costa sia in mare aperto con piccole imbarcazioni e spesso in condizioni molto difficili. Ma l’esercizio costante e la vicinanza al mare ha reso queste donne forti e in ottima salute, tanto che spesso continuano il loro lavoro fino ad ottant’anni. Oggi, come ci si puo aspettare, quella delle Ama è una tradizione che si sta lentamente perdendo. Nel 2000, le Ama erano 235, di cui 25 oltre i settant’anni. Le giovani hanno interessi nuovi, e l’inquinamento progressivo dei fondali non aiuta, così le Ama si sono reinventate. Il richiamo turistico rende più della pesca, e i frutti del loro lavoro si possono assaporare sulle spiagge, grigliati ed accompagnati dal tradizionale the verde. E così l’incredibile storia delle Ama continua a vivere. Sulle spiagge, ritratte nelle immagini degli artisti che hanno ispirato, cantate nelle vicende fantastiche di Man’yoshu, nel bellissimo reportage di Fosco Maraini del 1954 e in quello più recente di Nina Poppe. “Gli uomini vanno a pesca. Si imbarcano su battelli costieri, salpano per tutti porti sui mercantili, mentre le donne non destinate a quel vasto mondo cuociono il riso, attingono l’acqua, raccolgono alghe marine e quando vien l’estate si tuffano giù nel segreto fondo del mare”.
0 Commenti
Ci troviamo di fronte alla Regina delle pietre! Incolore e trasparente, perfetto nella sua semplicità e nella capacità di scomporre la luce nei colori dell’arcobaleno. E' il cristallo per eccellenza, e la sua energia si deposita sul settimo chakra proprio come una corona. Fin dai tempi antichi, è stato considerato magico. Portatore di equilibrio, fa chiarezza: aiuta a far emergere la propria vera natura e ritrovare la propria identità. Neutralizza le energie negative ed aumenta quelle positive. Infonde calma, serenità, libera da i blocchi emotivi e favorisce l’introspezione. La sua fama di portatore di energie positive è presente in tutte le culture, persino legate alla leggendaria civiltà di Atlantide. I greci pensavano fosse ghiaccio così tanto compatto da non potersi sciogliere mai più. Forse per la sua somiglianza con l’acqua, veniva utilizzato nei rituali per portare la pioggia, e nell’antica Cina pensavano che tenendolo in bocca si potesse alleviare la sete. Per i giapponesi, invece, simboleggiava l’infinito, l’immensità dell’universo. Gli indiani d’America lo consideravano addirittura un’essenza vivente, e come tale veniva nutrita e venerata nelle cerimonie sacre. Secondo gli sciamani proveniva direttamente dal cielo, e lo chiamavano “pietra di luce”. Ad alimentare ancora di più le leggende legate al cristallo e la sua fama di minerale magico c’è il suo legame con l'enigmatico popolo Maya, che lo utilizzava nei suoi rituali. E da qui, la famosa leggenda dei teschi di cristallo. All’inizio del XX secolo, durante una spedizione in Sud America, fu scoperto un sito Maya: una città misteriosamente abbandonata senza apparente motivazione. Proprio lì fu ritrovato un teschio di cristallo. Si scoprì successivamente essere il primo di 13 teschi, a grandezza naturale, scolpiti interamente in un unico blocco. La cosa più sorprendente è che al suo interno ci sono una serie di lenti e prismi che riflettono la luce in modo straordinario. Ancora oggi si indaga sull’autenticità di questi oggetti misteriosi, considerati un simbolo Atzteco di morte e di rinascita. Furono poi i crociati ad esportare il cristallo in Europa dove, in forma di sfere, gli furono attribuiti poteri magici e divinatori. Il cristallo di rocca è collegato al settimo chakra: la corona. Il centro energetico dell’energia più sottile, quello che ci collega direttamente al divino e alla consapevolezza profonda. E’ associato a due elementi: in parte uguale, fuoco ed acqua. Il fuoco rappresenta la forza maschile, il desiderio di conquista, la forza di volontà, il coraggio. L’energia Yang. L’acqua, al contrario, la forza femminile, le emozioni, l’intuizione. L’energia Yin. Proprio questo perfetto bilanciamento di forze opposte lo rende la pietra dell’equilibrio e della consapevolezza. Il cristallo di rocca tramanda questa armonia anche a noi. Stimola il pensiero e il lato più curioso, che ci spinge ad indagare su noi stessi, approfondire la nostra conoscenza interiore. E’ molto utilizzato in meditazione perchè aumenta la chiarezza a livello emotivo. E’ la pietra dell’armonia e della positività. Partendo dalla consapevolezza di sé, poi, aiuta a comprendere anche gli altri. E’ perfetto da indossare assieme ad altri cristalli, perchè ha la straordinaria capacità di accrescere ed esaltare l’energia delle altre pietre. Forse il modo migliore per iniziare questo blog è presentarci.
Ciao! :) siamo Chiara e Claudia. Due Donne, due mamme, due ragazze (eh si perché non è che si smetta di essere ragazze a 35 anni eh!) Ci siamo conosciute per lavoro. Ci siamo prima guardate da lontano, (abbastanza lontano visto che al principio una abitava in Veneto e l’altra in Piemonte), poi ci siamo incontrate, annusate, capite e, alla fine, in qualche modo riconosciute. Diverse come il giorno e la notte, abbiamo capito però che c’era qualcosa che ci rendeva simili, un desiderio comune: quella voglia di esprimersi senza dare spiegazioni o chiedere il permesso, la voglia di creare qualcosa che ci potesse trasmettere solo sensazioni positive, “solocosebelle”, con leggerezza, senza pensieri. La voglia di far crescere un progetto. Spesso le persone molto diverse, quando si riconoscono affini, va a finire che sono complementari. Ed ecco qua che è nato Filrouge •• . Va da sé, questo desiderio di creare e questa ricerca di “cose che fanno stare proprio bene” è quel sottile filo rosso che ci unisce. All’inizio non sapevamo cosa farci con questo progetto, avevamo pronto solo il nome. Cerca, pensa, scrivi idee, ipotesi (più o meno realizzabili) e finisce che ci accorgiamo di avere un’altra cosa in comune, entrambe le nostre mamme ci hanno trasmesso il fascino verso i cristalli, i minerali, le pietre dure. Li avevamo in casa, o li portavamo in tasca, ancora prima di sapere che sarebbero stati alla base del nostro progetto. E così abbiamo cercato un modo per portarli sempre addosso. Non vi racconteremo di essere state fulminate da un’idea geniale, le nostre bacheche Pinterest hanno iniziato a riempirsi di gioielli e di cristalli (anche tu non puoi più fare a meno di Pinterest per il tuo lavoro e le tue passioni??) I cristalli erano perfetti per la nostra voglia di creare qualcosa che facesse stare bene non solo noi, a questo punto, ma tutto coloro che li avrebbero indossati. Contengono significati profondi, vibrazioni positive, proprietà particolari, storie da raccontare... Non siamo delle orefici , non ci è mai interessato produrre qualcosa su larga scala, volevamo creare con le mani. E così abbiamo conosciuto il rame e tutte le sue qualità veramente speciali, siamo andate a recuperarlo da scarti di lavorazione, l’abbiamo trattato in modo volutamente grezzo, senza smaltarlo o lucidarlo, senza modificarlo in nessun modo per mantenere intatta la sua natura di materiale vivo che si trasforma continuamente su di noi, crea con chi lo indossa uno scambio tangibile! Dopo qualche esperimento sono nati i nostri gioielli. Poi abbiamo pensato che anche le parole sono tanto importanti. Scritte in un diario, lette su un muro, tatuate, meditate, ripetute nella nostra mente tante volte come un mantra, possono avere un potere veramente speciale. E quindi, anche incise nel rame che porti addosso. Parole gentili che ci ricordano cose belle o valori importanti, a volte che rafforzano il significato della pietra. Oppure le tue parole, perché se ci scrivi realizziamo volentieri un’incisione apposta per te. Dopo tanti esperimenti, quindi, siamo arrivate ai nostri Talismani. Ci crediamo tanto. Crediamo nel loro potere magico. Crediamo nel filrouge che unisce non solo Claudia e Chiara, ma tutte le Donne che cercano quel pizzico di magia, che credono nella gentilezza, nella forza della Natura, nella positività. Adesso (dopo un bel po, circa tre anni!) è nato questo sito, e questo journal che serve a conoscerci, e anche a raccontare storie. Storie di donne, di cristalli, e di parole magiche. |
Archives
Dicembre 2021
Categories |